Chi sono

By 20:30

Nata prima che il divorzio fosse legale sono cresciuta, come si usava, con i nonni da cui ho ereditato un concetto che va scomparendo: la cultura e il buon senso appartengono a qualsiasi strato sociale.
Così, mentre i miei voti scolastici erano appena sufficienti, la mia fame di cultura cresceva portandomi a conoscere cose che non avrei mai imparato a scuola.
Ho una passione per i libri, ne compro in modo compulsivo e devo tenermi lontana dalle librerie, reali o virtuali. Con due preferenze smaccate: gialli e saggistica (dalle stalle alle stelle, in direttissima).



Ho sviluppato un interesse per le tradizioni popolari quando, iniziando a crescere, mi sono domandata chi fossero i miei nonni (e bisnonni, sono stata fortunata). Ancora oggi rigiro tra le mani l'oro alla patria della prima guerra mondiale del mio bisnonno, domandandomi come fosse stato possibile per lui attraversare due secoli così vorticosi come lo sono stati la fine dell'Ottocento e il Novecento, come si potesse sopravvivere a due guerre mondiali e alla governante che un Capodanno, soli a casa, a 87 anni, gli fece venire un infarto chiudendo così una lunga carriera da donnaiolo e costringendo mia nonna a cambiare domestica.
Gente di altri tempi. Che certo non si faceva intimidire da una crisi economica.
Mia nonna, appassionata di moda, aveva passato i primi anni di matrimonio levando ratti dal letto dove andavano in cerca dei preziosissimi sacchi di farina che loro, sfollati durante la guerra, tenevano in camera. E questo mentre l'altra partoriva in casa svariati figli in uno sperduto paesello del reggino senza un medico nel giro di chilometri.
Mi hanno insegnato l'umiltà perchè nel tempo divennero benestanti ma continuarono a rammendarsi i calzini a mano, a portare il grembiule sporco sulle gonne e le pantofole mordicchiate dal cane sotto i pantaloni.
Poi sono mancati.
Come dice Pennac: i vecchi hanno questa brutta abitudine di morire appena ti rendi conto di quanto li ami.
Mi sono rimasti qualche ninnolo, delle foto che risalgono alla trisavola, un albero genealogico che arriva a metà del 1600, qualche ricetta di cucina e io: prova concreta della loro esistenza (anche se avrei preferito evitare il naso di mia nonna).
Ammetto che i primi tempi mi vergognavo un po' a proseguire le loro usanze, ma farlo me li faceva sentire vicini ed è così che sono entrata a fare parte di un mondo: quello degli amanti delle tradizioni popolari.
Quando ricevetti la mia prima segnatura, nel segreto della notte di Natale, iniziai a rendermi conto di due cose: c'era qualcosa di profondamente terapeutico nel sapere chi si fosse e da dove si venisse, molte persone avevano bisogno di un segnatore e tenerlo segreto era diventato impossibile.

I tempi sono cambiati. Eppure le tradizioni sono ancora dentro di noi e io penso, come De Martino, che siano uno splendido, poco costoso, modo per sciogliere quell'ansia del vivere (che è poi ansia di morire) che attanaglia gli esseri umani da quando hanno abbandonato gli alberi per la posizione eretta.





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